Insulti e soprusi alla caserma di Corvara, indagine sul maresciallo: “Se dici no, sei fuori”
“PASSO DOPO PASSO SI ARRIVA ALLA VETTA”
“Non capite un ca…”, “siete categoria inferiore”, “siete dei soldati di m…”. Il sottufficiale dell’Esercito Full Metal Jacket che durante le adunate mattutine insulta i suoi sottoposti si chiama Salvatore Boi. Ma le offese sono solo la minima parte di una storia di soprusi, angherie e ingiustizie ora al centro di una inchiesta della procura di Bolzano.
I soprusi
Il maresciallo, che assume il comando della base logistica addestrativa nella sede di Corvara in Badia, all’interno del Villaggio Alpino Tempesti, nel 2021, è infatti accusato di aver allestito un centro massaggi nella caserma a suo esclusivo uso, di far svolgere lavori da operai ai militari in servizio appaltando e pagando quegli stessi lavori a ditte esterne amiche, di gestire personalmente la spillatrice di birra nello spaccio e di vantare altolocate conoscenze alla procura militare di Verona e nelle alte sfere dello Sme che gli garantirebbero una eterna impunità. I reati ipotizzati sono corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio frode nelle pubbliche forniture.
Il Villaggio Alpino
Andiamo con ordine. Il Vat è un paradiso militare innevato a 40 chilometri da Bolzano che può ospitare anche civili e che addestra militari dell’Esercito italiano. Ma in quell’Eden al confino, le cose non vanno come dovrebbero stando alle denunce di tre militari che hanno subito angherie di ogni sorta dal maresciallo Boi e che lo scorso aprile hanno affidato, seguiti dalla penalista Mariapaola Marro, alla guardia di finanza di Bolzano le loro querele nella speranza di trovare pace almeno nella giustizia ordinaria.
Le adunate con insulti e le minacce
Nelle tre denunce la parte dedicata agli insulti si trova in coda. Questo è il risveglio che ogni mattina li attende. “Durante le adunate mattutine Boi è solito insultare noi militari – si legge nella querela – con espressioni del tenore “non capite un ca…, sei un coglione, siete categoria inferiore, se io sono maresciallo è perché sono più intelligente di voi, tu rimani sempre un caporale, siete dei soldati di m…”. Chi storce la bocca è fuori, perché “se non ti sta bene, quella è la porta” e anche perché il maresciallo “vanta importanti conoscenze nella procura militare di Verona e nello Stato maggiore dell’esercito ed è solito minacciare in caso di eventuali opposizioni ai suoi ordini, imminenti trasferimenti”.
La targa in legno
“In varie occasioni ci è stato chiesto di tagliare la legna o eseguire lavori edili per l’abitazione privata del comandante Boi sia in caserma che altre sedi – raccontano le carte – In una particolare occasione mi è stato chiesto di realizzare una cornice per la targa commemorativa in marmo della caserma e vista l’impossibilità di realizzarla in caserma per mancanza di macchine da falegnameria idonee, mi ha chiesto di realizzarla in orario di servizio in casa mia. Essendo conscio delle ripercussioni in caso di un mio rifiuto sono stato costretto ad accettare”.
Militari manovali
Non solo lavori di falegnameria. Durante l’estate del 2022 “il maresciallo Boi ordinava a me e ad altri militari durante l’orario di lavoro di rifare la pavimentazione del piazzale adiacente alle palazzine destinate agli ospiti, lavoro che era stato appaltato alla ditta Steff’s ma che nella realtà dei fatti è stato eseguito da noi con una partecipazione minima della ditta che si è limitata alla preparazione dei piani di sabbia ma non alla posa a mano dei cubetti autobloccanti e tanto meno nella rimozione dei vecchi. Un lavoro lungo e oneroso per il quale ci siamo ritrovati a lavorare dalle 8 alle 18 per una intera settimana”. Costo dell’appalto per la ditta? “Da documenti ritrovati sono venuto a conoscenza che alla sopra citata ditta è stata corrisposta la cifra di 24mila e 296 euro per la sola manodopera”, che di fatto hanno svolti i militari dell’esercito.
La ditta amica
Come se non fosse già grave far lavorare militari al posto degli edili pagati per questo, a detta dei denuncianti pare che questo “impiccio” sia stato possibile grazie all’amicizia con il titolare dell’impresa. “Preciso che della società Steff’s l’amministratore è Stefan Mayr, amico del maresciallo Boi e che il lavoro di posa dei cubetti è stato eseguito da noi militari sotto l’indicazione del figlio di Stefan che per qualche ora veniva e ci dava le dritte da capocantiere insieme a un suo operaio che dava ua mano a tutti noi essendo lui professionista e noi no. Il lavoro è stato eseguito da noi per una settimana dalle 8 alle 18 e in quella settimana non ero reperibile per i mio ufficio e ho lavorato insieme ad altri colleghi come operaio”.
La reperibilità parallela
Durante le stagioni inverali per ordine del maresciallo Boi i suoi sottoposti sono stati obbligati ad una reperibilità parallela non riconosciuta da alcuna indennità in caso di chiamata “che prevede in caso di nevicata superiore a 5 cm, l’intervento per le 6 del mattino di un operatore ruspa, il che comporta che a ogni nevicata ci si debba svegliare alle 5.30 per valutare la situazione”. Stessa situazione in estate, quando la struttura ha ospiti esterni. I due giorni di reperibilità (sabato e domenica) diventavano sei con l’impossibilità di lasciare la caserma laddove il comandante fosse ancora al telefono o nel suo ufficio.
La birra alla spina e la busta gialla
Altro capitolo: la spillatrice di birra all’interno dello spaccio militare. Gestita dal comandante Boi che acquista i fusti a titolo privato “presso la ditta Graus Boandes in Pederoa” e che chi denuncia è andato personalmente a comprare per ordine del maresciallo con i soldi prelevati da una busta gialla con i contanti ricavati dalla vendita della birra per 5 euro a boccali. Ovviamente tutto al nero: il pagamento viene infatti effettuato in contanti senza l’emissione di scontrino e i soldi vengono messi nella busta gialla con su scritto “BIRRA” a disposizione del comandante Boi.
“Nessuno scontrino”
“Lo scontrino, ogni volta che lo richiedevo, mi veniva negato da Boi che diceva che la birra non può essere scontrinata. I proventi rimangono in cassaforte e non vengono inviati a Difesa e Servizi di Roma come il ricavato di altri generi alimentari che sono venduti nello spacco. Io stesso sono stato indottrinato dal maresciallo Boi sul funzionamento parallelo della contabilità della birra alla spina il cui incasso giornaliero era ritirato da Boi che dava indicazioni sulla quantità da acquistare in base alle varie necessità”.
La sala massaggi privata
Il comandante, dopo il suo arrivo, ha trasformato la sala Fisi all’interno del Villaggio Alpino, originariamente costruita per gli atleti, in una sala massaggi “adibita a suo esclusivo utilizzo”, si legge nelle carte. “La mia collega alpino Melanie Ploner mi ha riferito che il maresciallo è solito, durante le ore di servizio, chiedere ed ottenere massaggi da lei nella sala. La disponibilità delle chiavi della sala è detenuta esclusivamente da Boi e dall’alpino Ploner che mi riferisce che i massaggi sono alla stessa ordinati e fatti eseguire da Boi contro la sua volontà: a lui non si può opporre rifiuto per timore di ripercussioni”.
Le telecamere
Infine: “Da quando ha assunto il comando della base ha fatto installare 4 telecamere senza nessuna autorizzazione e senza alcun cartello che segnala le aree con videosorveglianza. Solo lui ne ha il controllo e sono poste davanti il suo alloggio e all’entrata della sala massaggi”. Spiega l’avvocata Mariapaola Marro che difende i militari vessati: “I fatti riferiti per la loro presunta gravità necessitavano e necessitano di un vaglio della magistratura e degli organi inquirenti che stanno svolgendo le indagini con estremo rigore. Tuttavia la situazione ambientale rappresentata necessiterebbe, se confermata, di provvedimenti anche da parte della scala gerarchica”.
Al momento nessun commento dallo Stato Maggiore dell’Esercito, che ha avviato una inchiesta interna.
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