Corriere della Sera: Soldati insultati e costretti a fargli massaggi, indagine dell’esercito sul maresciallo di ferro: «A lui non si può dire “no”»
L’uomo è al comando della base logistica addestrativa dell’esercito a Corvara in Badia. I denuncianti: «Lavori extra ai sottoposti». Accusato anche di vendita di birra in nero.
Al suo arrivo nel villaggio alpino, aveva trasformato la sala Fisi dedicata agli atleti in una sala massaggi «a suo esclusivo utilizzo», costringendo una giovane militare a fargli massaggi perché «a lui non si può opporre rifiuto per timore di ripercussioni».
Anni di soprusi
Questo è solo uno dei soprusi denunciati lo scorso aprile da tre militari vittime delle angherie del maresciallo S. B., ora al centro di un’inchiesta della procura di Bolzano con l’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio e frode nelle pubbliche forniture. L’uomo, dal 2021, è al comando della base logistica addestrativa dell’esercito a Corvara in Badia, all’interno del villaggio alpino Tempesti. Una struttura a un’ora e mezza da Bolzano, che può ospitare anche civili e che addestra militari dell’esercito italiano. Oltre alla sala massaggi privata, stando alle denunce riportate dal quotidiano La Repubblica, l’uomo avrebbe costretto i militari in servizio a svolgere mansioni da operai appaltando e pagando ditte di amici, avrebbe gestito personalmente la spillatrice di birra nello spaccio, trattenendone i proventi, e avrebbe insultato quotidianamente i militari. Tutto questo, facendo leva su «altolocate conoscenze alla procura militare di Verona e nelle alte sfere dello Stato maggiore dell’esercito», che gli avrebbero garantito «eterna impunità».
Il risveglio dei militari è condito dai suoi insulti: «Non capite un ca…, sei un co…one, siete categoria inferiore, se io sono maresciallo è perché sono più intelligente di voi, tu rimani sempre un caporale, siete dei soldati di m…». Sono solo alcuni degli insulti rivolti ai militari durante le adunate mattutine, la punta dell’ice-berg di una violenza strutturale. E chi si ribella, fuori, perché «se non ti sta bene, quella è la porta». Senza parlare dei lavori che esulano dalle competenze dei militari. «In varie occasioni ci è stato chiesto di tagliare la legna o eseguire lavori edili per l’abitazione privata del comandante B. sia in caserma che in altre sedi».
Casa ristrutturata con i militari usati come operai
Richieste che sarebbero culminate, nell’estate del 2022, in una vera e propria ristrutturazione appaltata a una ditta privata pagata «24mila e 296 euro per la sola manodopera», che si sarebbe però servita proprio del lavoro dei militari, limitandosi a una «partecipazione minima». Un intrigo legato all’amicizia tra il maresciallo e il titolare dell’impresa Steff’s, Stefan Mayr. «Ordinava a me e ad altri militari di rifare la pavimentazione del piazzale adiacente alle palazzine destinate agli ospiti nell’orario di lavoro. Ci siamo ritrovati a lavorare dalle 8 alle 18 per una intera settimana come operai». E ancora: «In quella settimana non ero reperibile per il mio ufficio».
Birra acquistata in nero per uso privato
Eclatante invece lagestione dei fusti di birra, acquistati dal comandante a titolo privato «presso la ditta Graus Boandes in Pederoa» e pagati con i soldi ricavati dalla vendita della birra per 5 euro a boccale. Senza scontrino. Lo racconta il denunciante che su ordine del comandante sarebbe stato incaricato di ritirare la birra. «B. diceva che la birra non può essere scontrinata.Io stesso sono stato indottrinato dal maresciallosul funzionamento parallelo della contabilità della birra alla spina, il cui incasso giornaliero era ritirato da lui.I proventi rimangono in cassaforte e non vengono inviati a difesa e servizi di Romacome il ricavato di altri generi alimentari che sono venduti nello spaccio». Non da ultime, le telecamere installate senza autorizzazioni né cartelli segnaletici «davanti il suo alloggio e all’entrata della sala massaggi», come si legge nella denuncia. Intanto, l’esercito ha fatto sapere in un comunicato di aver «avviato un’indagine interna».
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